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Maggio 14, 2020Massimizzare l’insuccesso!
BASATO SU UN ARTICOLO PUBBLICATO DA HARVARD BUSINESS REVIEW
Maggio 2016| Di Julian Birkinshaw & Martine Haas
Link della fonte https://hbr.org/2016/05/increase-your-return-on-failure
Quanto è sgradevole – a volte doloroso- parlare di fallimento!? Eppure, quanto una cultura avversa al rischio limita il suo potenziale innovativo?
La prima domanda è “come mai temiamo così tanto l’errore?”. I sistemi manageriali di budgeting, di allocazione delle risorse e di gestione dei rischi sono basati sulla prevedibilità e sull’efficacia. Chi mai è stato promosso perché “non era in controllo”?
Cosa accomuna R.O.I. (Return On Investment) e R.O.F. (Return On Failure- Ritorno su Errore)? Il fatto di poter misurare e a volte migliorare il ritorno e di potenziare i benefici con un’attenzione ai costi.
Nel caso del R.O.F., si tratta di focalizzarsi su quanto guadagnato tramite l’esperienza, inclusa l’informazione raccolta su clienti e mercati, su se stesso e sul proprio team e sul business in generale.
Come incrementare il Ritorno su Errore o R.O.F? In 3 step :
Imparare da ogni insuccesso | |
Condividere le lezioni | |
Rivedere il modello di gestione dell’insuccesso |
Step 1 – Imparare da ogni insuccesso
Ovviamente, la maggior parte di noi preferisce guardare avanti piuttosto che focalizzarsi sul passato, specialmente quando associato a una delusione. Invece, accettare di valutare il progetto fallimentare a 360° cogliendone anche gli aspetti positivi aiuta a creare una cultura orientata all’innovazione e alla presa di rischi consapevoli.
Per facilitare e sistematizzare l’approccio, una scaletta di project review semplice, basata su domande rivelanti:
1. Cosa abbiamo imparato sulle esigenze / preferenze dei nostri clienti e sui nostri mercati attuali? Dovremmo cambiare una qualsiasi delle nostre ipotesi? |
1. Quali sono stati i costi diretti-per materiali, manodopera e la produzione? |
2. Quali nozioni nuovi abbiamo raccolto sulle tendenze future ?
Come dobbiamo adeguare le nostre previsioni? |
2. Quali sono stati i costi esterni?
Abbiamo in qualche modo danneggiato la |
3. Che cosa abbiamo scoperto circa il nostro modo di lavorare insieme?
Quanto sono efficaci i nostri processi/ struttura / cultura organizzativi? |
3. Quali sono stati i costi interni?
Quanto il progetto ha abbassato il morale della squadra? Ha necessitato troppa attenzione? |
4. Come sono cresciute le nostre competenze individualmente e come squadra?
Quanto il progetto ha aumentato la fiducia fra di noi e la buona volontà? |
Usare una tale scaletta può cambiare il paradigma: ci forza a pensare al nuovo capitale competenze/conoscenze acquisito, a quanto possa aiutarci ad andare avanti ed a tutti gli effetti collaterali positivi dell’esperienza.
Step 2 – Condividere le lezioni
Il vero beneficio arriva quando si diffondono le lezioni in tutta l’organizzazione. Quando le informazioni, le idee e le opportunità di miglioramento emerse da un progetto fallimentare in un settore di business vengono passati ad un altro, i benefici diventano esponenziali. L’apprendimento condiviso aumenta anche la probabilità di future iniziative.
“Il più grande errore che si può fare come leader è quello di sparare al messaggero e di seppellire le cattive notizie. Riflettendo anche sugli aspetti positivi, si costruisce la fiducia e la buona volontà e si apre la strada ad altri per osare prendere dei rischi”,ha osservato un dirigente.
Marshall Goldsmith, nel suo articolo sulle abitudini inefficaci della leadership, ci invita anche lui a capitalizzare sul feedback senza punire il messaggero.
Il successo potenziale di questa condivisione sta nella formula Veloce- Frequente – Futuro: organizzare delle review veloci e mirate, con una cadenza frequente nei periodi positivi come negativi ed esser orientati verso il futuro con un enfasi su quanto appreso.
Una multinazionale farmaceutica, Roche, ha creato dei team trasversali implementando delle Failure Review per catturare i benefici della sperimentazione (in un campo dove sperimentare può essere la fonte di innovazioni chiave). Fra le lezioni e i benefici emersi, ci sono stati il riconoscere la crescita personale legata all’insuccesso, la consapevolezza dell’importanza di una leadership di ascolto per anticipare i problemi, l’importanza di prendere realmente in considerazione i veri bisogni dei clienti o di saper identificare i veri decisori. Fra i benefici di un tale approccio, l’opportunità di lavorare più collegialmente come team e di appianare le tensioni.
C’è chi, come l’organizzazione Engineers Without Borders International che, per creare una vera cultura della condivisione, ha addirittura lanciato un “Failure Report” dove tutti possono vedere quali progetti sono stati i più grandi flop (vedere http://www.ewb-usa.org/?s=failure).
Step 3 – Rivedere il vostro modello di gestione dell’insuccesso
Per validare la bontà del vostro modello attuale, alcune domande da porsi: stiamo imparando da ogni tentativo senza successo? Stiamo condividendo sistematicamente quelle lezioni in tutta l’organizzazione? E stanno aiutando a migliorare la nostra strategia ed esecuzione?
Per sdoganare il tema “insuccesso/ errore/ fallimento” e associarci una connotazione positiva, diverse aziende hanno creato dei premi : la New York agency Grey ha il “Heroic Failure award” (http://www.fastcompany.com/3028594/bottom-line/a-real-life-mad-man-on-fighting-fear-for-greater-creativity); la NASA, il “Lean Forward, Fail Smart award” (http://nasapeople.nasa.gov/awards/eligibility.htm);
e il Tata Group, il “Dare to Try award” http://www.tata.com/article/inside/xqkFEPUqPbE=/TLYVr3YPkMU=).
“Vogliamo che la gente sia audace e non abbia paura di sbagliare” ha detto Sunil Sinha, il responsabile di Tata Quality Management Services, in un’intervista a Bloomberg Businessweek nel 2009.
In conclusione, spesso da un insuccesso si notano solo le conseguenze negative. Una riflessione “post-progetto” contribuisce a far emergere elementi critici per il successo di futuri progetti- anche in altri settori aziendali. Soprattutto favorisce la presa di iniziative future.